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venerdì 26 novembre 2010

Elisabetta Dettori: Occorre impegnarsi ancora perchè le donne non siano annullate nella loro identità

Elisabetta Dettori
Pubblichiamo il contributo sul 25 novembre di Elisabetta Dettori, giovane democratica e attualmente componente della direzione cittadina di Cagliari.

"Quando, nel 1993, la città messicana Ciudad Juàrez diventa tristemente famosa per più di 5000 omicidi perpetrati  a danno di giovani donne, inizia ad avere larga diffusione il neologismo allora ancora poco diffuso di “femminicidio”.
Il femminicidio è la violenza fisica, psicologica, economica, istituzionale, rivolta contro la donna "in quanto donna", perché non rispetta il ruolo sociale impostole.
Con il tempo diventa un concetto giuridico e di rilevanza internazionale perché nel femminicidio si può vedere la matrice comune di ogni forma di violenza contro le donne ovvero la mancata considerazione delle stesse come persone.

Il 25 novembre è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne.
Una data utile per sensibilizzare, per diffondere i numeri della violenza di genere, per ricordarci che è fondamentale  un cammino per l’ individuazione e il perfezionamento di buone prassi di prevenzione. Una prevenzione che abbia la base su relazioni sociali diverse incentrate sulla Persona e sul rispetto reciproco a prescindere dalla diversità  di genere, di etnia e ideologica.

La violenza contro le donne è universale perché riguarda tutte le nazioni nessuna esclusa, è trasversale perché sia la vittima che il carnefice  appartengono a tutte le culture e a tutte le classi sociali, è multiforme: può essere fisica (stupro,mutilazione genitale, maltrattamento etc..) e/o psicologica (mobbing, stalking…). E cambia continuamente modalità perché si adatta ai tempi (come oggi, ad esempio, che è veicolata anche attraverso le nuove tecnologie) e si adegua alle forme di relazione della contemporaneità.

Molti ancora sarebbero gli esempi di violenza sulle donne, ma ciò che conta mettere in evidenza, per combattere radicalmente questo delitto contro i diritti umani, è che la violenza di genere è un fatto culturale, una piaga sociale che riguarda tutti: uomini e donne. Per questo va combattuto costruendo dei progetti sociali, a cominciare dalle politiche educativo–formative che abbiano programmi sulla prevenzione della violenza e che promuovano la valorizzazione delle identità di genere.

Penso quindi alla scuola che deve insegnare ai ragazzi e alle ragazze il rispetto reciproco tra i sessi e che deve guidarli nella crescita perché possano maturare in un ambiente sano, lontano da pregiudizi sociali e culturali, la propria identità. Progetti che insieme alla scuola guidino le famiglie, le sostengano in questo obiettivo e che promuovano politiche di conciliazione e di cura.

Occorre, inoltre, potenziare le politiche di sostegno alle donne vittime di violenza: creare un numero maggiore di strutture di accoglienza e potenziare  percorsi di formazione specifica degli operatori socio/sanitari della sanità pubblica. Gli operatori, infatti, già dal pronto soccorso, si trovano spesso ad essere i primi interlocutori della donna che ha subito violenza e devono quindi saper leggere i segnali d’allarme e devono potersi riferire a una struttura ben articolata di psicologi, psichiatri, consultori etc a cui indirizzare la vittima.

Infine l’informazione che, quando è presente, è violenza comunicativa più che comunicazione di violenza. La notizia di cronaca nera diventa morbosa e spettacolare e porta con se quegli stereotipi da troppo tempo reiterati e che diventano causa di ripercussioni psicologiche sia sull’universo femminile che su quello maschile.

Ecco perchè occorre impegnarsi oggi ancora di più affinchè le donne non siano più annullate nella loro identità e possano vedere riconosciuti e rispettati i propri diritti: in particolare quello ad una vita libera da qualsiasi forma di violenza."

Elisabetta Dettori

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