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sabato 30 luglio 2011

Un certo sguardo sul mondo: addio al grande Pablo Volta


Se ne va un pezzo di storia della fotografia italiana, e se ne va un grande amico della Sardegna. Pablo Volta, il fotoreporter italoargentino famoso soprattutto per i servizi sulla Barbagia degli anni Cinquanta, è morto giovedì sera all'ospedale oncologico di Cagliari, dove da alcuni mesi i suoi ricoveri si erano intensificati in seguito a un tumore alla tiroide. Aveva 85 anni.  L'ultimo ricovero è di appena qualche giorno fa, proprio quando sembrava che Pablo si fosse ripreso. Parlava, come sempre, di progetti, di nuovi reportage, ma non aveva rimpianti: «Ho 85 anni, ho vissuto una vita bellissima», ha detto qualche giorno fa all'amico artista Pinuccio Sciola, tra coloro che più gli sono stati accanto in questi mesi di sofferenze.  Da oltre vent'anni viveva a San Sperate, in una tipica casa campidanese, con i suoi amati cani e gatti. Aveva lasciato Parigi, dove si era trasferito negli anni Cinquanta, e dove invece ha continuato ad abitare la sua compagna di vita, la moglie Ornella. E proprio a San Sperate verrà sepolto oggi, al termine di un rito civile che si svolgerà a partire dalle 16,30 in piazza Croce Santa. Di qui la bara verrà portata a spalla in cimitero, dove il Comune ha messo a disposizione un fazzoletto di terra per colui che ormai considerava un proprio concittadino.  
Pablo Volta era nato a Buenos Aires nel 1926. Il padre, toscano di Lucca, era lì al seguito della famiglia che si occupava di importazione di prodotti italiani. Conobbe una ragazza argentina, anche lei figlia di italiani, e si sposarono. Tornarono in Italia, a Roma, quando Pablo aveva appena sei anni. Il padre poi è diventato un grande inviato, è stato corrispondente da Mosca, Berlino e Parigi.  Finita la guerra, dove è stato partigiano appena diciottenne, Pablo inizialmente segue le orme paterne, lavora al quotidiano comunista Milano Sera, indeciso se diventare cronista o fotoreporter. Farà l'uno e l'altro, con qualche incursione nel cinema: è assistente operatore in uno dei primi film di Fellini, «Lo sceicco bianco». Sul set nasce l'amicizia con un altro grande della fotografia, Franco Pinna: insieme fondano la Fotografi Associati, la prima cooperativa di professionisti in Italia.  La collaborazione più duratura e prestigiosa è con Il Mondo di Pannunzio. Da Roma si trasferisce a Parigi, dove viene assunto come operatore all'ufficio di corrispondenza della Rai, ma continua a collaborare con giornali e riviste. Nel 1963 è nell'Algeria che ha appena conquistato l'indipendenza dalla Francia. Insegna per otto mesi fotografia in un centro di formazione statale e lavora per il Fronte di liberazione nazionale. Torna a Parigi e documenta l'ambiente culturale di quegli anni. Davanti al suo obiettivo passano artisti, poeti, scrittori, registi, attori: Marcel Duchamp accanto a Man Ray, Marc Chagall, Salvador Dalì, Joan Mirò, Jean Harp, Alexander Calder, André Breton nella sua famosa casa, Le Corbusier, Louis Aragon, Jean Cocteau, Marguerite Duras, Eugène Ionesco... Sono alcuni nomi di una lista che sembra infinita, o un elenco della Garzantina sulla cultura del Novecento.  La Sardegna è un capitolo a parte. Vi arriva la prima volta nel 1954, con il compito di illustrare per Nuovi Argomenti l'inchiesta sul banditismo a Orgosolo dell'antropologo Franco Cagnetta. Verrà pubblicata prima in Francia e poi in Italia e da essa trarrà spunto il regista Vittorio De Seta per il film «Banditi a Orgosolo». Per Pablo è l'inizio dell'amore per la Sardegna.  Con una storia così, uno potrebbe vivere una tranquilla vita da pensionato, rileggendo ogni tanto le pagine della Storia della fotografia (Einaudi) in cui il collega Uliano Lucas gli attribuisce un ruolo di primo piano in Italia. Invece Pablo nel terzo millennio si rimette in gioco, passa alla macchina digitale, collabora con le pagine culturali della Nuova, mentre Ilisso dà alle stampe un volume, «La Sardegna come un'Odissea». Dona il suo archivio all'Istituto regionale etnografico che gli dedica una mostra a Nuoro. Collabora con la compagnia teatrale Fueddu 'e Gestu, va persino in scena come attore. Salvatore Ligios gli commissiona per il museo Su Palatu un reportage sullo smantellamento dello zuccherificio di Villasor. Ogni foto è un piccolo capolavoro.  Addio Pablo, il tuo sguardo sul mondo ci mancherà.

Di Paolo Merlini

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