lunedì 30 aprile 2012

La posizione del PD sui Referendum del 6 maggio

Il dibattito di queste ore sulla presunta assenza dei partiti dal dibattito referendario è stucchevole ma in ogni caso non può riferirsi al Pd. Sempre che non si pretenda che su argomenti sui quali ci sono differenze radicali tra esperti e costituzionalisti si debba parlare con una voce unica.

Il Pd è il partito della costituzione e della democrazia, in Italia e in Sardegna.

Sin dalla nostra direzione del 17 febbraio scorso il Partito Democratico ha deciso di indicare la strada della partecipazione al referendum, consapevole dei limiti che lo strumento referendario ha nell’affrontare materie delicate sotto il profilo delle riforme.

Tuttavia il referendum è uno strumento utilissimo e i cittadini hanno dimostrato di saperlo usare bene, in Sardegna e nel Paese. E se negli ultimi anni i referendum avevano perso di interesse anche per un abuso del loro utilizzo mentre con il referendum sul nucleare e sui beni comuni i cittadini si sono ripresi la voce, confermando la volontà di una democrazia partecipata e consapevole.

Per questi 10 referendum del 6 maggio, come PD ci siamo spesi da subito per l’election day che avrebbe consentito una riduzione dei costi e l’estensione del voto su due giornate anziché una, trovando nei fatti gli ostacoli tra i legislatori che ha impedito di fatto la realizzazione della nostra proposta, scontata nei paesi civili e ragionevole, sposata poi anche dal Presidente della Regione.

Nonostante questo io spero che non siano disattesi perché si tratta di quesiti che possono dare un indirizzo alle scelte che le istituzioni regionali devono comunque affrontare anche perché iscritte nel dibattito nazionale.

L’impegno dei partiti in queste ore deve essere quello del favorire il dibattito e la partecipazione. Le forze politiche sono tenute a promuovere iniziative informative e nelle quali dibattere le soluzioni che dovremo proporre ai sardi sulle istituzioni, considerando che quello referendario è un movimento costituito dal basso da molti amministratori locali e dirigenti che non deve essere attribuito ad una o ad un’altra forza politica.

Nel merito dei referendum, ho affermato più volte che voterò alcuni si e alcuni no.


La riduzione dei consiglieri regionali a 50 è la proposta che il Pd ha depositato in Parlamento sulla quale il Senato ha legiferato con la riduzione dei consiglieri anche in Friuli e Sicilia; Occorre non andare oltre per evitare di trasformare un’assemblea che scrive leggi in una sede eccessivamente ristretta nelle quali il dibattito sia limitato a pochi.

Sulla scelta del presidente della Regione con le primarie, il Pd è il partito che le pratica e le ha realizzate in questi 4 anni, non ha certo niente da imparare. Siamo d’accordo per le primarie per legge, rendendole obbligatorie per entrambi gli schieramenti.

Sulle province, al di là dell’esito dei ricorsi vari, occorre prendere atto che siamo già nel loro superamento nella forma sinora conosciuta. Molti non si sono accorti che per la prima volta da quando sono nate nel secolo scorso, quest’anno non si è votato per 9 province in scadenza in tutta Italia, compresa Cagliari, che è stata sciolta per la decadenza del suo presidente.

Le 8 province sarde sono nate nello scorso decennio come sedi di programmazione locale e di funzioni amministrative da sottrarre ad una Regione dove controllore e controllato coincidono e i fatti dicono che si tratta di un luogo dove si rallenta la spesa pubblica per un eccesso di concentrazione di poteri e funzioni. Così come sono la soluzione delle 8 province non ha ottenuto quel risultato ma cancellandole il problema resterà e dovrà essere trovata una soluzione, sul quale il Pd ha già detto la sua a Baradili, entrando nel merito del superamento della Regione così come è, e dell’attuale struttura di province e comuni in Sardegna, ormai a rischio di rappresentanza.

La riduzione di Consigli di Amministrazione e agenzie regionali non solo è apprezzato dal Pd ma è stato praticato nella scorsa legislatura quando sono state tagliate oltre 1000 posizioni di sottogoverno. Questa legislatura e con essa la maggioranza che la sostiene le ha moltiplicate, commissariando enti a legittimazione democratica, aumentando il numero dei componenti di cda e i loro compensi, prevendendo la sostituzioni di organismi elettivi con nomine plurime e costose. Mi pare che il giudizio del Pd sia conseguente e soprattutto che il Pd sia un partito che pratica le scelte che fa e non si limita a dichiarazioni vaghe e non impegnative o a campagne referendarie generiche.

Il quesito che prevede l’elezione di un’assemblea per la riscrittura dello Statuto Regionale merita un ragionamento ulteriore. Quali sono i motivi che rendono poco “efficienti” le competenze legislative della macchina amministrativa regionale?

Il Pd e il centrosinistra hanno proposto nella scorsa legislatura una sede rappresentativa delle forze sociali e culturale che si affiancasse al consiglio regionale senza che si pensasse ad un doppio consiglio regionale. Scrivere in maniera partecipata il nuovo statuto è un obbligo ma occorre uno scatto nella discussione passando dal luogo della scrittura al merito, ai contenuti del nuovo patto tra Sardegna e Paese.

Allora il 6 maggio occorre andare al voto, perchè è un segno di salute democratica, e continuare nella mobilitazione pubblica e nei territori che deve consentire ad ogni cittadino di accedere alle informazioni dovute evitando che prevalga, colpevolmente, il rumore di una stantia e stucchevole polemica politica che non guarda nè alla coerenza dei comportamenti né alla sostanza delle ragioni.

SILVIO LAI
Segretario Regionale

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