martedì 4 agosto 2009

Le linee politico-programmatiche di GIANPAOLO DIANA

Il Partito Democratico: uno strumento per costruire il futuro dell’Italia e della Sardegna.

Il Pd deve rendere possibile il cambiamento del Paese così come oggi l’abbiamo davanti.

Nella crisi, le disuguaglianze della nostra società si mostrano nella loro brutalità. Le oligarchie economiche che hanno in scacco le istituzioni della democrazia non sono in grado di dare vita ad un modello di sviluppo che rispetti l’ambiente e non distrugga il pianeta. La crisi dimostra che senza regolazione e controllo non esiste vero sviluppo.

Una crescita economica che non tiene conto dei limiti dell'ecosistema, non ha grandi prospettive.

Non c’è crescita senza qualità sociale e giusta redistribuzione delle risorse, per la cura dei beni collettivi e dell’ambiente, per politiche pubbliche in grado di assicurare lo sviluppo e la sostenibilità, la cooperazione internazionale e la pace.

La politica deve saper indicare un nuovo orizzonte, che metta in moto nuovi interessi e gruppi sociali, che induca ad un nuovo modo di pensare.

Su questo nuovo modo di essere delle forze progressiste e riformiste si fonda un nuovo partito.

Nella crisi mondiale e nei suoi effetti, per rendere convincente la proposta di governo, occorre prendere atto che gli stili di vita degli ultimi trent’anni devono orientarsi alla sostenibilità.

Con un processo politico, economico e culturale tale da garantire un progresso duraturo per l’oggi e per le future generazioni.

Le conseguenze della crisi globale, per la Sardegna, possono essere ancora più pesanti: i segni sono evidenti nell’attualità di questi giorni. Abbiamo un governo nazionale che non è all’altezza della sfida, che è succube di quelle oligarchie economiche che vogliono elidere dal panorama della produzione internazionale, il tessuto produttivo industriale della nostra Isola.

La Sardegna, con la destra, è precipitata al di fuori dei processi progressivi nazionali e internazionali.

Al contrario, con l’esperienza di governo della coalizione di centro sinistra guidata da Renato Soru e che con il Governo Prodi si era avviato un processo fruttuoso di ricollocazione produttiva e rinascita culturale della nostra Isola nello scenario nazionale e internazionale che mai, nella storia dell’Isola, si era mai potuto raggiungere ed in qualche caso neanche immaginare.

Per la Sardegna occorre perseguire obiettivi strategici precisi: raggiungere standards Europei ma rimanendo unica al mondo. Affermare l'insularità come vantaggio e non come handicap investendo nei trasporti nelle diverse modalità. Difendere le coste per sviluppare economicamente i paesi dell'interno. Promuovere l’istruzione, la ricerca e l’innovazione. Sviluppare un tessuto imprenditoriale moderno e diffuso sia nel settore industriale che agricolo.

Molti progetti sono stati avviati ma, la sconfitta elettorale ha interrotto bruscamente il nuovo corso ed impedito che si portassero a termine.

La destra invece vuole buttare tutto ciò che è stato fatto, sprecando un'enorme quantità di soldi e di buon lavoro. Si rappresenta con una Giunta senza progetto, incapace di affrontare una crisi economica che guarda alla politica come strumento di convenienza che vuole sottrarsi alle responsabilità, ai valori del merito e delle opportunità per tutti e per la solidarietà nei confronti dei più deboli.

Stiamo vivendo un preoccupante arretramento sul versante della responsabilità di governo. Per noi la politica è democrazia rappresentativa della tutela delle fasce più deboli e promozione del bene comune.

Noi dobbiamo progettare una nuova fase del cambiamento come conquista dei sardi.

Far diventare patrimonio diffuso dei Sardi un progetto di modernizzazione, si tratta di un processo intrapreso con grande determinazione nella scorsa legislatura, che non può essere vanificato.

Le questioni centrali dell’autonomia e del nuovo federalismo devono fare i conti con la responsabilità delle scelte assunte come forza di governo.

Autonomia, federalismo e in generale il rapporto con lo Stato e l’Europa, sono concetti

che oggi devono essere intesi soprattutto come strumenti, normativi e finanziari necessari per governare la Sardegna.

Anche per il Partito Democratico in Sardegna, l’autonomia deve significare responsabilità.

Dobbiamo avviare con il Congresso una discussione sul suo grado di autonomia rispetto al partito nazionale. Ampia autonomia, giustamente rivendicata, deve significare senso di responsabilità, autorevolezza e competenza tanto più forte quanto maggiore è la partecipazione degli iscritti e degli elettori che, insieme agli eletti nel Consiglio regionale, nelle Assemblee parlamentari, e negli enti locali rendano efficace e partecipata la loro attività.

Abbiamo bisogno di un partito organizzato e presente in tutti i centri dell’Isola. È questa la condizione essenziale per un rapporto efficace e vero con la realtà nella quale viviamo.

Occorre investire affinché le strutture organizzative del partito siano efficienti, e in relazione con i vari livelli della società: un partito che fa uso delle tecnologie informatiche ma incontra anche i cittadini nei luoghi cittadini dove essi vivono e lavorano.

Il Partito Democratico è un partito di iscritti e di elettori. Accessibile a tutti, in relazione alla propria disponibilità e impegno devono essere attivi sostenitori del PD, con differente intensità di partecipazione e militanza, con diritti garantiti dallo Statuto.

Abbiamo la necessità di fare un Partito autenticamente popolare e partecipato ed in questo senso il metodo delle PRIMARIE, è un bene, un tratto indelebile, un codice genetico, che non può essere rimosso e non rimuoveremo, non relegheremo ad un episodio ma, questo sì, dovrà diventare un fatto altamente, significativo. Il più importante fatto politico della vita politica del nostro Partito.

Dobbiamo favorire l’adesione al PD del maggior numero possibile di elettori, renderli comunque partecipi nelle diverse fasi decisionali.

Le polemiche sugli iscritti si superano con regole e procedure di adesione semplici e rigorose, che disincentivino il manifestarsi di qualche fenomeno degenerativo.

La rappresentanza degli iscritti deve quindi essere messa in relazione al numero dei voti conseguiti alle elezioni e alla partecipazione effettiva alle assise congressuali.

In questo contesto siamo per un Partito aperto che affida agli elettori la decisione sulle alternative definite dal Partito. Occorre rendere più efficiente il procedimento di partecipazione alle primarie: renderlo più chiaro certificato e pubblico, per evitare fenomeni di stravolgimento delle consultazioni da parte di sostenitori e attivisti di altri partiti politici, verificatisi nelle altre circostanze.

Le primarie devono essere effettuate sempre, in particolare per le candidature a ogni carica monocratica o elettiva in cui non sia presente il voto di preferenza. In questo contesto siamo per un Partito vero ma allo stesso tempo un Partito nuovo.

Siamo dunque chiamati all’elezione diretta del Segretario e della Assemblea regionale del Partito il prossimo 25 ottobre. Un’occasione compiuta di democrazia, che dia ai nostri elettori un potere di giudicare e decidere sia i nuovi organismi dirigenti regionali sia la linea lungo la quale camminare nei prossimi anni.

Dobbiamo uscire dalle fratture e dalle paludi del recente passato superando una rappresentazione dualistica del Partito che, la recente storia, ha dimostrato di mantenerci immobili. Il superamento di quello schema politico improduttivo è essenziale per costruire un Partito che, valorizzando tutto il patrimonio umano si candidi ad essere punto di riferimento essenziale per costruire una adeguata politica di Governo della Sardegna.

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