venerdì 9 settembre 2011

Pesche, il prezzo della crisi


Il prodotto è stato venduto alle catene della grande distribuzione del Nord Italia a 70-80 centesimi al chilo. Un prezzo poco remunerativo per gli agricoltori campidanesi.

Il prezzo delle pesche, quest'anno, l'ha fatto la crisi. Rispetto al 2010, un chilo è costato dai venti ai trenta centesimi in meno. Spuntati dalla grande distribuzione a scapito dei produttori. E questo nonostante l'ottima qualità (a detta degli esperti, è stata un'annata straordinaria per la concentrazione zuccherina) e il marchio Deco, la Denominazione comunale conquistata diversi mesi fa. Per i peschicoltori di San Sperate, una mazzata, visto che hanno dovuto anche far fronte a condizioni meteo non sempre favorevoli come i giorni di caldo torrido di luglio che rischiavano di mandare alla malora il raccolto.
LA CRISI Altro problema: la commercializzazione. «Non esiste una regolamentazione», dice Marco Casti, produttore 62enne. «Mi sono unito a una decina di colleghi e abbiamo deciso di vendere le nostre pesche alla grande distribuzione nel nord dell'Isola. Per ora le vendite vanno bene, il prezzo un po' meno: 70-80 centesimi al chilo. Non possiamo tirare il prezzo, perché arrivano pesche dalla Penisola a prezzi molto più bassi, anche se la qualità non è paragonabile». Non sono soltanto i produttori a dire che i conti proprio non tornano. Oggi un chilo di pesche di San Sperate strappa in negozio dai 2,30-2,50 euro. «Cioè vuol dire - spiegano gli agricoltori del Basso Campidano - che dal produttore al consumatore il prezzo aumenta del triplo». La forbice è dunque molto ampia. Troppo, visto che proprio chi coltiva e produce si ritrova poi a non guadagnare di sicuro più rispetto al passato.
LA CATENA Dalla grande distribuzione, in cui finisce la maggior parte del prodotto-pesca-San Sperate, fino all'ultimo anello della filiera, cioè il consumatore, i prezzi lievitano, creando uno squilibrio di valore. «Le pesche arrivano dalla Turchia e dal Marocco, venduta al grossista addirittura venti, trenta centesimi al chilo. Il mercato delle pesche sarde coprirebbe il fabbisogno, dovrebbero però esserci regole sui prezzi e sulla commercializzazione, perché è necessario tutelare il prodotto nostrano», spiega Piero Murgia, che quest'anno nella sua azienda familiare di San Sperate ha prodotto circa 250 quintali di frutti.
LA RESA «Qualitativamente a quantitativamente abbiamo avuto una buona annata, solo che l'anno scorso vendevamo un euro al chilo, e anche qualcosa in più. In questa stagione invece siamo stati costretti a vendere fino a settanta centesimi per via della concorrenza. Ci chiediamo come sia possibile avere un guadagno su quelle cifre, se si deve pagare anche il trasporto oltremare. Credo che nessuno lavori per non guadagnare. Ecco perché è necessario fare chiarezza e avere regole certe», conclude Marco Casti.
Maura Pibiri

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