martedì 7 giugno 2011

Paese Museo: wanted...

Da http://www.paesemuseo.com
Per gli amici non molto socialnetwork, ripubblichiamo sul nostro blog la nota di Rosa Spanu "Paese Museo: wanted..." che trovate sul suo profilo Fb. Un interessante punto di vista.

Paese Museo: wanted...
Comincio a credere di non capire affatto cosa significa fare arte contemporanea. E, nel mio caso, la cosa non è indolore. Ogni volta che esco di casa, da sansperatina adottata, mi assale un moto di fastidio visivo: lo sguardo non riesce più a spaziare. Inciampa, continuamente sollecitato da linee e volumi fluorescenti, violenti e aggressivi, non domati da rigore progettuale ed espressivo, lanciati a colpire ogni suppellettile stradale potesse essere ricoperta di colore. Supporti dei segnali stradali, fioriere, basamenti, contenitori stradali della spazzatura, tutto è diventato fluo: e io non riesco a vedere altro, come se qualcuno continuamente sollecitasse la mia attenzione solo su quelli; non vedo più i murales, non vedo le facciate dai colori terrosi. Non vedo la San Sperate che mi piace.
San Sperate è stata una formidabile fucina artistica, un luogo di straordinarie contaminazioni tra linguaggi. Attualmente ospita un'artista danese, donna colta e interessante, che ho conosciuto dato che poco dopo il suo arrivo si è garbatamente presentata alla cittadinanza, spiegando cosa fa, da quale grigio paese viene, e annunciando che forse avrebbe creato un'opera qui. Intanto ci mostrava le prime immagini dei suoi interventi nella casa dove  soggiornava: una cucina che via via si accendeva di colori naturali e forzati, la frutta che veniva "maturata" ulteriormente con l'applicazione di strati di acrilico arancione. Il colore non era mai abbastanza, in una sorta di ubriacatura cromatica che -in un contesto delimitato- mi era parsa significativa e intrigante.
Ho seguito con una certa attenzione il suo percorso, segnato da una sorta di fascinazione da colori accesi: i colori decisi e magnifici delle arance sulle piante dei nostri giardini, delle fioriture primaverili, che per i suoi occhi abituati alle gradazioni tonali di grigio, immagino abbiano davvero avuto un effetto dirompente. La capisco, come capisco le leggerezze commesse da innamorati. Però poi occorre riflettere sulle possibili conseguenze.
So di suscitare un vespaio di polemiche, mi auguro non strumentali; perchè di progettazione culturale - e solo di questa- vorrei discutere. Nel momento in cui un paese come questo ospita un artista, si può firmare una delega in bianco? Direi di no; certo, è un'opinione personale, che non pretendo di imporre a nessuno. Ma della quale chiederei si discutesse.
San Sperate, peraltro, sta vivendo momenti di progettazione partecipata: è saggio che un artista operi non su una parete delimitata, ma sul contesto urbano complessivo, e possa "imporre"  sine condicio una sua visione dello spazio comune, senza che le sue scelte vengano discusse, ed eventualmente calmierate?  Non si rischia, in questo modo, di sovrapporre e affastellare visioni e sguardi artistici che - presi singolarmente - potrebbero tutti  avere una loro ragion d'essere, essere convincenti,  ma che invece - accostati e intersecati tra loro -  finiscono per generare una sgradevole confusione percettiva? E cosa accadrà quando gli interventi di questo genere si moltiplicheranno, con giustapposizioni di linguaggi e stili differenti?
L'arte non ama condizionamenti, nè censure; non di questo si tratta. Si tratta di capire in quale contesto si opera, per operare con maggiore consapevolezza. Parliamone...
Rosa

4 commenti:

  1. Condivido totalmente la tua nota e allo stesso modo le preoccupazioni per un fenomeno a cui assistiamo da anni, forse troppo passivamente. Le rassegne annuali, le periodiche rivoluzioni artistiche, lasciano, soprattutto nei rioni storici, San Giovanni e Santa Lucia, segni profondi e restituiscono dopo l'euforia della stessa manifestazione, un'immagine di incuria generalizzata, abbandono e trascuratezza. Oggi sono i colori fluo a creare dibattito, ieri erano gli specchi sui muri, le canalette, le lenzuola bianche, i posacenere poco funzionali che non si possono pulire, i muri e le strade colorati per far vivere il mare nel paese. A breve saranno le ormai famose strade colorate permanenti. Per carità, io non voglio che tutto questo fermento culturale si arresti, ma vorrei anche che si cercassero contesti adeguati e non si sovraccaricasse sempre e solo il centro storico. Ecco, magari dedicare alla sperimentazione solo alcuni rioni, di più recente costruzione, circoscrivere in qualche maniera e distinguere gli stili, potrebbe essere un'idea. Preservare e valorizzare il centro storico, invece che sovraccaricarlo; e soprattutto avere cura delle installazioni, non lasciare che le lenzuola marciscano mesi appese ai muri, che gli specchi, ormai rotti e deteriorati restino appesi nei muri, che un'idea geniale come quella dei posacenere diffusi sia anche funzionale. Insomma, si, parliamone.

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  2. In periodi in cui si pensa che tutto sia lecito, non mi meraviglia che anche in arte si vedano storture come quelle a cui stiamo assistendo alla Biennale di Venezia. Non credo che basti ammantare con l’abito della provocazione la più banale delle ammucchiate e non solo in senso figurato, per far sì che si possa credere di stare dentro un’operazione artistica e culturale.
    Fatte le debite proporzioni, credo che l’argomento messo in campo da Rosa tratti dello stesso principio di etica e di estetica.
    San Sperate ha fatto, anche grazie a Pinuccio, dell’accoglienza agli artisti nazionali e internazionali un suo punto di forza e di continua crescita, il confronto e le contaminazioni da che mondo è mondo hanno sempre fatto bene e arricchito e concordo sul fatto che l’arte non debba avere condizionamenti né limitazioni.
    Qui, però, non stiamo parlando di arte ma di urbanistica e di arredo urbano; della scelta di immagine e del progetto di vita di una comunità, che passa anche attraverso l’arte ma non solo.
    Io sono sansperatino e credo che anche i miei concittadini non immaginino il loro centro come una vecchio tabellone da affissione in cui, fra qualche anno, vedremo brandelli e stratificazioni varie di (allora) bellissimi cartelloni pubblicitari.
    Ogni operazione artistica, anche la più azzardata, può essere ammessa purché si svolga in ambiti adatti e non invada gli spazi comuni. Il concetto di pubblico e di comune bisognerà pure che ricomincino a pesare nella nostra vita e nelle nostre scelte.

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  3. ci sono DISTESE di colori nel nostro "Paese museo", per i nati e per i benvenuti; colori della terra, del sole, colori della natura...e la fluorescenza acceca tutto ciò che abbiamo..ci voleva un referendum popolare...condivido Rosa e cerco di guardare oltre..come sempre!!!

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  4. Seguo con interesse da meticcio MuriSparadesu tutto quello che si muove nel paese che fù del padre di mio nonno poi di mio nonno infini di mio padre e che adesso è anche il mio, di mia figlia e nel quale godrò nel veder crescere mia nipotina.
    Dopo un anno e mezzo di vita vissuta e di frequenti scambi di opinioni, di attente ricognizioni del territorio urbano, sub urbano e rurale, sulla questione posta da Rosa mi permetto di esprimere alcune opinioni in forza della cittadinanza, dell’essere abitante del quartiere di Santa Lucia e di aver concorso concretamente a rendere una porzione piccola di centro storico degna di essere definita tale sia a fini abitativi privati che come elemento di arredo urbano di pubblico interesse e di averlo fatto con l’esclusivo ricorso a fondi privati personali. Spero di farlo senza urtare la sensibilità di alcun indigeno puro.
    Ciò detto, mi pare che l’argomentare di Rosa e i commenti successivi, benché ragionevoli e garbati evidenzino diciamo cosi la malattia mancano di diagnosi e di terapia.

    Ovviamente nessuno credo mette in discussione la libera espressione delle arti e il diritto di ogni singolo artista o non artista, di esprimersi al meglio delle sue capacità creative siano essi figli di Sardegna o cittadini del pianeta naturalizzati Sparadesusu.

    Chiunque abbia un po’ di cognizioni culturali anche solo basiche o abbia avuto la possibilità di viaggiare capisce quanto sia straordinaria e utile sul piano culturale sociale ed economico la presenza di un artista come Pinuccio per San Sperate, è un unicum che ha consentito e consente e consentirà, di porre il tema Cultura-Qualità della Vita-Sviluppo Rurale come asse portante del futuro delle donne e dei giovani di questo paese in questo nostro terzo millennio…….e a noi postcinquantini di vivere cum gaudium magnum la stagione de s’adiosu.

    Il punto a me pare, stà nel fatto che manca un progetto culturale condiviso capace di esaltare le individualità singole ed associate, alle quali và riconosciuta grande importanza e straordinaria utilità sociale.
    Un progetto capace di includere interessi collettivi diffusi e sensibilità artistico culturali individuali. Tutte insieme, capaci di fare rete e proiettare in modo unitario l’immagine Paese Museo nel mondo sapendo che l’energia principale è data dalla larga condivisione del progetto degli abitanti e di tutti i componenti temporanei di questa Comunità .

    Una visione d’assieme sul piano urbanistico, del sistema della mobiltà interna, sulla natura e la qualità dello sviluppo degli insediamenti abitativi, sul sistema economico-produttivo e di sicurezza sociale e degli assi strategici su cui collocare scelte nette e alternative tra di loro.

    Chi ha oggi responsabilità politiche, di governo o di opposizione cosi come tutti coloro che amano questo straordinario luogo, hanno non il diritto ma il dovere di istruire un dossier SanSperateduemilaventi e aprire una discussione ampia, partecipata, inclusiva di alto profilo capace di avviare una riflessione corale sul cosa è stato il fenomeno murales, come si configura oggi, cosa si può e si deve fare per il prossimo futuro e come e quanto debba essere decisivo e strategico il capitolo Cultura sull’assetto urbano e socioeconomico del paese.

    Una discussione che deve essere franca anche dura se necessario ma sempre inclusiva e garantita per tutti perché alla fine la sintesi dovrà essere largamente condivisa e gli obiettivi strategici dovranno resistere al naturale e fisiologico alternarsi delle maggioranza al governo del Comune, nell’interesse primario di questo luogo straordinario nel quale tutti noi, meticci, indigeni puri, artisti in transito e stanziali abbiamo deciso di vivere.

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