venerdì 6 luglio 2012

Nota di Giampaolo Mameli "Questo era ed è San Sperate.
 "


"Sono nato a San Sperate e vi ho trascorso quasi tutta la mia vita. 
Non si sceglie dove nascere, pur tuttavia non si può non essere grati al destino quando ti da queste, come altre fortune.

Sono sempre andato orgoglioso del mio paese e della sua gente; e gli “altri” parlando della nostra comunità ne hanno sempre parlato in termini lusinghieri e di benevola invidia.

San Sperate, centro in cui i valori principali sono dati dalla terra e dalla cultura, che guarda caso diventano i motori principali della sua economia.

A dirla tutta, io non ho mai pensato che con il termine cultura si intenda la capacità di organizzare eventi di spettacolo o di arte, per i quali il mio paese eccelle, ma si intenda ciò che l’accezione più nobile di questo termine sottintende.
Cultura come capacità di trovare principi e valori comuni e condivisi: 

Una concezione(Antropologia/Etica), metafisica presenta la cultura come un processo di sedimentazione dell'insieme patrimoniale delle esperienze condivise da ciascuno dei membri(Morale/Valoriale), delle relative società di appartenenza (Sociologia/Istituzioni), dei codici comportamentali condivisi(Morale/Costumi), del senso etico del fine collettivo (Escatologia/Idealismo), e di una visione identitaria storicamente determinata(Antropologia identitaria/Etnicità), come espressione ecosistemica di una tra le multiformi varietà di gruppi umani e civiltà nel mondo. Concerne sia l'individuo, che i grandi gruppi umani(Sociologia/Collettività), di cui egli è parte. In questo senso il concetto è ovviamente declinabile al singolare, riconoscendosi ciascun individuo quale membro "di diritto", del gruppo etno-culturale di appartenenza Etno-identitaria, nonché nel "patto di adesione sociale" e nelle sue regole etiche ed istituzionali volte al fine della "autoconservazione" del gruppo etnico stesso.


Già dalla fine degli anni sessanta e negli anni successivi San Sperate salì alla ribalta nazionale per l’importante fenomeno che vi ebbe luogo: Pinuccio Sciola artista di levatura internazionale guidò un nuovo movimento che traeva la sua forza, prima ancora che dalla grandezza del suo artefice, dal contesto.

Ciò che rese grande e unico questo fenomeno fu la coralità e la partecipazione solidale tra tutti i membri della comunità e la solidarietà e accettazione nella comunità, di tutti gli elementi esterni che vi si innestavano contaminandola.

Questo era ed è San Sperate.

Sembra un brutto sogno, ma due giorni fa, mi sono ritrovato in un altro paese chiamato San Sperate, proprio come il mio paese ma non può essere lo stesso.

Solo due anni fa, venne ospite a CunCambias, Moni Ovadia, a parlare tra gente amica che lo facesse sentire compreso e protetto, dei problemi di emarginazione e ghettizzazione dei Rom.

E’, appunto, di qualche giorno la notizia che due famiglie di Rom, senza un tetto, vengono alloggiate a San Sperate in due case, regolarmente affittate dalla Charitas Diocesana: un totale di poco più di venti persone, in gran parte bambini.

Tutti si aspetterebbero di sentire che questo “paese invidiabile e civile” è accorso a portare solidarietà ai bisognosi, come recita il comandamento evangelico, per chi lo pratica.

Molti componenti della nuova maggioranza che governa San Sperate, ogni domenica, vanno in chiesa a sentire cosa recita il vangelo e magari vanno anche ad insegnarlo ai bambini…ma praticarlo è meglio di no, è meglio soffiare sul fuoco e parlare alla pancia di pochi esagitati.

Poco importa se questi fanno le ronde, di padania memoria, e minacciano chiunque solidarizzi con dei poveri padri di famiglia spaventati.

Dicono che la preoccupazione nasce dal fatto che la scuola non è in grado di sostenere un “impatto” così forte.

Sono abbastanza avanti negli anni e potrei ricordare male…ma mi sembra che questa giunta si sia proposta all’insegna della continuità, e governi con molti componenti che fecero già parte di quelle amministrazioni che nel giro di dieci anni hanno portato San Sperate da cinquemila abitanti a quasi ottomila, semplicemente cementificando il centro storico e le campagne e consumando in modo irresponsabile il territorio. 
Certo si trattava di speculazioni che portavano soldi sonanti alla nostra comunità ed erano, perciò, ben accetti.

Certo era meno dannoso e più redditizio buttare giù due vecchie case del centro storico e sostituirle con venti mini-appartamenti: tutti ci guadagnavano ed erano contenti, non come integrare quindici bambini Rom…
So che la gente del mio paese non è così…spero solo che si scuotano da questo diabolico torpore e ritrovino i tratti caratteristici della nostra gente: generosa e solidale."

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