sabato 10 aprile 2010

In direzione ostinata e contraria


Proverò con questo post a chiarire il mio punto di vista sulle ultime vicende, sradicando queste riflessioni dal contesto socio-economico in cui viviamo, che le renderebbero ancora più intollerabili.

Lo ripetiamo almeno dai tempi dell’Unione: le primarie rappresentano un eccellente metodo per la selezione delle candidature alle cariche istituzionali. Pensavo che a distanza di anni da quelle prime esperienze comuni, fosse, oggi, un metodo acquisito e consolidato.


Credo sia indubbio, almeno lo è per me, che questa mobilitazione degli elettori, se fatta con coscienza, entusiasmo, se organizzata per tempo, con un metodo e un regolamento definiti, delinea un ponte, un collegamento prezioso, tra i dirigenti e gli elettori che vogliono partecipare alla vita politica, da cittadini, non solo da spettatori.

Sicuramente le primarie hanno esplicitato richieste, esigenze, domande del popolo di centro sinistra, ben oltre la mera scelta del candidato: senz’altro una domanda di unità, intesa come sforzo a ricercare ciò che unisce e senz’altro una domanda di riconoscersi nel partito, di volerne farne parte, di aderire ad un programma, di prendere poi una tessera. Pensavo che fosse un modo per includere tutte le rappresentanze, per riconoscersi anche da non militanti, come elettori di centrosinistra.

Non leggo nell’intenzione di convocare, per le amministrative di maggio, le primarie del centrosinistra il 18 aprile, queste aspirazioni.

Vedo, invece, come eccellentemente sottolineato da altri democratici prima di me, uno svilimento di questo strumento di partecipazione, fino a ridurlo in una scappatoia dalle responsabilità, un rituale utile solo ad acuire i conflitti, a riproporre logiche e degenerazioni di una classe dirigente incapace di fare sintesi politica. Diventano così un metodo per escludere, per mobilitare tesserati ed elettori senza superare le divisioni, senza neppure consentire loro di riconoscersi in un programma.

Ho l’impressione che qualcuno abbia abbondantemente perso di vista l’obiettivo, ovvero vincere le elezioni, per non dire “costruire l’alternativa”. A riprova di questa affermazione, mentre in un piccolo tavolo di trattativa come quello del mio collegio si cercano le sintesi e, contemporaneamente si scongiurano le primarie che, in questo caso, a ridosso delle elezioni, potrebbero vanificare la forza politica di quelle mediazioni sui criteri e sui contenuti, i nostri dirigenti dei piani alti, fino a poco tempo fa, scettici sull'utilizzo di questo strumento, convocano le primarie per essere sollevati dalle proprie responsabilità.

La strumentalizzazione è diventata tale da enfatizzare addirittura le divisioni interne, anziché ridurle, come è successo nel caso della minaccia della direzione provinciale nuorese.

Per questo sostenevo con forza qualche tempo fa, che non dovevamo illuderci. Che prima di scrivere nuovi regolamenti, avremmo dovuto rispettare quelli attuali, che regolano in modo chiaro e trasparente le modalità di competizione. Che in assenza di un confronto reale e pulito non tanto sui candidati, quanto sui progetti su cui vincolare tutti, il progetto del PD non sarebbe stato credibile. Che una seria campagna di tesseramento (mi chiedo per l'ennesima volta, dove sono finite le tessere) avrebbe avviato nei territori un serio confronto sui temi e avrebbe potuto aiutare tutto il PD.

Il mio segretario nazionale Bersani ha sostenuto solo qualche mese fa che le primarie sono «un'opportunità e non un obbligo. Il partito non può essere un notaio che si limita a stilare il regolamento delle primarie. Noi siamo un partito veramente federalista, non decidiamo nelle ville o in due o tre persone, ma nelle assemblee regionali: lì si decide se, come e dove farle. Adesso dobbiamo privilegiare la messa in campo di candidature forti. Abbiamo come si vede buone occasioni e dobbiamo coglierle».

Vorrei sapere allora cosa ne pensa delle nostre vicende. Vorrei sapere perché decisioni di vitale importanza per il PD sardo, come quelle prese giovedì scorso in direzione, ripeto, senza il rispetto del Regolamento Nazionale, non sono state sottoposte almeno ad un confronto in assemblea regionale.

L’improvvisazione con cui, in Sardegna, è stato condotto questo percorso verso le amministrative, francamente è imperdonabile. E, temo, irrimediabile.

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