La Nuova Sardegna
Due film, "Mamutones. Le transformation d'un carnaval" e "Murales", (titolo di schedatura che indica semplicemente l'argomento), costituiscono una sorta di evento che, oggi a partire dalle 19, presso la Cineteca sarda in viale Trieste 126 a Cagliari, ricorderà la figura e l'opera di Pablo Volta, il grande fotografo scomparso la settimana scorsa. Ovviamente, la presentazione - più o meno una "prima", almeno per la Sardegna - di queste brevi pellicole non inficia il valore di "Ritratto di Pablo Volta", il filmato realizzato da Giovanni Columbu nel 2004 che verrà anch'esso presentato a fine serata. Semmai la presenza delle "immagini in movimento" indica un nuovo terreno di esplorazione, secondario ma non certo disprezzabile, della carriera dell'artista italo-argentino, auto adottatosi, venticinque anni fa, a San Sperate. D'altro canto, dopo l'apprendistato berlinese del dopoguerra, durante il quale realizzò i suoi primi reportage fotografici, Volta s'interessò al cinema, collaborando come assistente a diversi film tra i quali "Lo sceicco bianco" (1950) di Fellini. E ancora, a Parigi, da corrispondente Rai, realizzò, già negli anni Sessanta, diversi documentari (famosi e tuttora invisibili quello sugli anarchici parigini di fine secolo, ed un altro, sulle trasformazioni urbanistiche progettate dal Barone Haussmann), per poi partecipare ad un programma televisivo francese che produsse una serie di trasmissioni sulla Sardegna. È probabilmente questo il contesto in cui vennero effettuate le prime riprese di "Mamutones. Le transformation d'un carnaval". Il film raccoglie sequenze che attraversano almeno trent'anni di storia del carnevale mamoiadino. In un manifesto murale si nota, infatti, verso la fine del film, la data del 1982. Nell'esordio, invece, si presenta una discussione tra alcuni abitanti che riguarda appunto l'organizzazione del carnevale, a cui fanno seguito delle rare e belle immagini della vestizione dei mamuthones.
Quindi il filmato, mescolando alle sequenze le celebri fotografie realizzate da Volta - che compare anche nel film in veste di intervistatore - a partire dalla metà degli anni Cinquanta, mostra le "trasformazioni": dalla semplicità e dalla povertà delle sue prime esplorazioni, che raccontavano soprattutto la spontaneità dei mamoiadini, alla progressiva "turisticizzazione". L'avanzare della modernità era visibile anche nei celebri documentari di Serra sui carnevali barbaricini (Maschere di paese e I Mamutones), ed anche in quelle pellicole vi era la doppia valenza della "normalizzazione" della festa e dello scatenamento della follia. Il percorso di Volta è ovviamente più ampio e mostra, attraverso le maschere barbaricine, la trasformazione dell'intera Sardegna pastorale. L'Odissea dei suoi primi viaggi si è conclusa. "Murales", interamente girato a Orgosolo, è invece un documentario muto di circa quindici minuti che può essere considerato in due modi: il classico reperto "non finito", o semplicemente una sorta di lavoro didascalico che potrebbe essere stato approntato per una mostra sull'arte muraria nel mondo che si svolse a Caen, in Normandia, nel 1981. In quell'occasione, appunto, Volta presentò le sue fotografie realizzate a Orgosolo. Il documentario, d'altro canto, benché insonorizzato, ha una struttura solidissima. Attraverso il muralismo racconta il passaggio del tempo e le trasformazioni anche ideologiche che traspaiono dai dipinti. Per ogni sequenza, diciamo, murale, c'è infatti una referenza realista: le lotte politiche degli anni Sessanta e Settanta, quindi la riaffermazione di una identità comunitaria e di un legame con la tradizione pastorale (i murales diventano quasi "arcadici") e quindi un ritorno alla storia, con le foto dei banditi uccisi in scontri a fuoco e mitizzati come eroi resistenziali. Insomma, è anche da questi reperti - che Volta diede in custodia alla Cineteca Sarda qualche anno fa - che si può ripartire per studiare il rapporto di Volta con la Sardegna e la sua capacità di intercettare non un generico folclore popolare, ma quasi un'auto-rappresentazione di due grandi comunità barbaricine: Mamoiada e Orgosolo.
Due film, "Mamutones. Le transformation d'un carnaval" e "Murales", (titolo di schedatura che indica semplicemente l'argomento), costituiscono una sorta di evento che, oggi a partire dalle 19, presso la Cineteca sarda in viale Trieste 126 a Cagliari, ricorderà la figura e l'opera di Pablo Volta, il grande fotografo scomparso la settimana scorsa. Ovviamente, la presentazione - più o meno una "prima", almeno per la Sardegna - di queste brevi pellicole non inficia il valore di "Ritratto di Pablo Volta", il filmato realizzato da Giovanni Columbu nel 2004 che verrà anch'esso presentato a fine serata. Semmai la presenza delle "immagini in movimento" indica un nuovo terreno di esplorazione, secondario ma non certo disprezzabile, della carriera dell'artista italo-argentino, auto adottatosi, venticinque anni fa, a San Sperate. D'altro canto, dopo l'apprendistato berlinese del dopoguerra, durante il quale realizzò i suoi primi reportage fotografici, Volta s'interessò al cinema, collaborando come assistente a diversi film tra i quali "Lo sceicco bianco" (1950) di Fellini. E ancora, a Parigi, da corrispondente Rai, realizzò, già negli anni Sessanta, diversi documentari (famosi e tuttora invisibili quello sugli anarchici parigini di fine secolo, ed un altro, sulle trasformazioni urbanistiche progettate dal Barone Haussmann), per poi partecipare ad un programma televisivo francese che produsse una serie di trasmissioni sulla Sardegna. È probabilmente questo il contesto in cui vennero effettuate le prime riprese di "Mamutones. Le transformation d'un carnaval". Il film raccoglie sequenze che attraversano almeno trent'anni di storia del carnevale mamoiadino. In un manifesto murale si nota, infatti, verso la fine del film, la data del 1982. Nell'esordio, invece, si presenta una discussione tra alcuni abitanti che riguarda appunto l'organizzazione del carnevale, a cui fanno seguito delle rare e belle immagini della vestizione dei mamuthones.
Quindi il filmato, mescolando alle sequenze le celebri fotografie realizzate da Volta - che compare anche nel film in veste di intervistatore - a partire dalla metà degli anni Cinquanta, mostra le "trasformazioni": dalla semplicità e dalla povertà delle sue prime esplorazioni, che raccontavano soprattutto la spontaneità dei mamoiadini, alla progressiva "turisticizzazione". L'avanzare della modernità era visibile anche nei celebri documentari di Serra sui carnevali barbaricini (Maschere di paese e I Mamutones), ed anche in quelle pellicole vi era la doppia valenza della "normalizzazione" della festa e dello scatenamento della follia. Il percorso di Volta è ovviamente più ampio e mostra, attraverso le maschere barbaricine, la trasformazione dell'intera Sardegna pastorale. L'Odissea dei suoi primi viaggi si è conclusa. "Murales", interamente girato a Orgosolo, è invece un documentario muto di circa quindici minuti che può essere considerato in due modi: il classico reperto "non finito", o semplicemente una sorta di lavoro didascalico che potrebbe essere stato approntato per una mostra sull'arte muraria nel mondo che si svolse a Caen, in Normandia, nel 1981. In quell'occasione, appunto, Volta presentò le sue fotografie realizzate a Orgosolo. Il documentario, d'altro canto, benché insonorizzato, ha una struttura solidissima. Attraverso il muralismo racconta il passaggio del tempo e le trasformazioni anche ideologiche che traspaiono dai dipinti. Per ogni sequenza, diciamo, murale, c'è infatti una referenza realista: le lotte politiche degli anni Sessanta e Settanta, quindi la riaffermazione di una identità comunitaria e di un legame con la tradizione pastorale (i murales diventano quasi "arcadici") e quindi un ritorno alla storia, con le foto dei banditi uccisi in scontri a fuoco e mitizzati come eroi resistenziali. Insomma, è anche da questi reperti - che Volta diede in custodia alla Cineteca Sarda qualche anno fa - che si può ripartire per studiare il rapporto di Volta con la Sardegna e la sua capacità di intercettare non un generico folclore popolare, ma quasi un'auto-rappresentazione di due grandi comunità barbaricine: Mamoiada e Orgosolo.
Di Gianni Olla
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