venerdì 27 luglio 2012

Opasomilaj | San Sperate 2 agosto ore 18.00


Il nostro gruppo consigliare San Sperate Bene Comune, raccoglie l’invito del neo sansperatino Boban e della sua famiglia, che in occasione dell'Opasomilaj (la tradizionale festa rom del ringraziamento) il prossimo 2 agosto dalle ore 18.00, apre la sua casa (località Ponti Becciu, sulla SP4, direzione San Sperate, dopo il bivio di Santa Barbara) ai cittadini sansperatini e non, per un’occasione di scambio culturale/culinario con piatti tipici rom e sardi.
Ci sarà, oltre alla musica, anche un momento di confronto aperto, un’occasione quindi per conoscerci meglio.

All’iniziativa voluta da Boban e delle associazioni Asce e 2000[r]esistenze, hanno aderito anche l'associazione Libera La Farfalla di San Sperate e NoArte.

Chiunque intenda aderire può farlo, contattando il numero 3486059394.

Non dimenticate di portare qualcosa!


giovedì 26 luglio 2012

Appello contro la violenza sulle donne



Carissime,
 
Vi inoltriamo il link dove toverete l'appello contro la violenza sulle donne.
 
Il governo ha piu' volte dichiarato la propria disponibilita' a siglare la
 Convenzione di Istanbul, ma
 ancora l'Italia resta tra i paesi che non ha firmato. Sarebbe quindi
 importante tenere alta l'attenzione dell'opinione
 pubblica, usando in particolare l'occasione delle feste.
L'appello si puo'
 firmare anche  online, quindi ti chiediamo, se possibile, di farlo girare.

venerdì 6 luglio 2012

Il sindaco: «Non siamo razzisti»


Da L'Unione Sarda del 6.7.12
SAN SPERATE. Contestato il silenzio del Comune di Cagliari sul trasferimento dei nomadi
Spalti affollati al Consiglio comunale straordinario sui rom
dal nostro inviato
Andrea Piras
SAN SPERATE «Razzisti? Non scherziamo». È la sintesi, categorica, del sindaco Enrico Collu e della maggioranza. È l'imperativo di un Consiglio comunale che vuole riabilitare San Sperate dopo i giorni oscuri dell'intolleranza, quando proprio in quell'aula invasa spontaneamente da trecento cittadini furibondi per l'arrivo di un numero imprecisato di rom, parole razzistiche contro i nomadi sono state pronunciate eccome. Ingiurie, minacce scivolate via senza essere interrotte. Parole mai zittite.
IN AULA Ieri è stato proprio il sindaco a tornare sull'assemblea dell'altra mattina. Sul volantino maldestro e bugiardo, («Razzista senza se e senza ma», l'ha etichettato il responsabile dell'Associazione sarda contro l'emarginazione, Antonello Pabis) che qualcuno ha scritto incitando alla rivolta al grido di “Sveglia!!!” i sansperatini poco accorti di fronte all'invasione «di oltre 400 rom». Peccato che quella folla era fatta di venticinque, ventisette persone. Due famiglie. Molti minorenni, la maggior parte bambini. «La responsabilità di quanto avvenuto, delle tensioni di questi giorni è di quel volantino millantatore e stiamo valutando, anche come amministrazione, i passi da fare», ha assicurato il sindaco all'Assemblea, ribadendo che la vicenda rom è nata male «per via della mancata informazione da parte del Comune di Cagliari, per la mancata comunicazione del progetto di trasferimento dei rom dal campo sulla 554».
LA MINORANZA È stato il consigliere di minoranza Tomaso Sciola a rimarcare «la spropositata reazione dei cittadini». Ha poi aggiunto: «Sono preoccupato per l'immagine del nostro paese che per quarant'anni ha dimostrato l'esatto contrario di quanto avvenuto in questi giorni, la sua vocazione all'ospitabilità e all'integrazione. È ora è uscita fuori la parte peggiore». Esplicita condanna sulla gestione di questa vicenda da parte dell'Amministrazione comunale è stata espressa da Stefania Spiga, consigliere Pd. «Si parla di un problema e non ci date ancora adesso i dati reali. Ma sono poi davvero un problema due famiglie e i loro bambini? Quel volantino era razzista, quell'informazione doveva essere immediatamente smentita e condannata».
L'ex sindaco Tonio Paulis ha condannato gli eccessi della protesta, detto no all'intolleranza ma ha anche preso le difese dei cittadini, anche di chi ha protestato duramente per l'arrivo dei rom. «Se non ci sono le condizioni diventa difficile ospitare adeguatamente chiunque. E poco importa se siano nomadi, nordafricani o tedeschi. È difficile spiegare a chi ti chiede di poter abitare in campagna, nel suo terreno agricolo, e gli dici di no, che per i rom è diverso. Oppure convincere qualcuno dei tuoi concittadini che ti chiede una casa popolare e gli dici che deve entrare in una graduatoria».
LA PROTESTA Duro, tenace l'intervento di Katia Pilloni (consigliere di maggioranza). «Non userò eufemismi, noi abbiamo un problema. Non sono un problema i rom, lo è, lo è stato il modus operandi del Comune di Cagliari, della prefettura, in parte della Caritas. Nei confronti dei nomadi, profondissimo rispetto».
Intanto oggi, a mezzogiorno in prefettura, si sarà l'incontro tra i sindaci dei paesi dell'hinterland coinvolti nel progetto di ospitalità. San Sperate e Monastir in testa, ma anche Cagliari.
LE INGIURIE Intanto San Sperate, ancora ieri, ha tentato di riconquistare «l'immagine perduta» urlando, seppur a bassa voce, contro le voci della xenofobia che troppi hanno ascoltato. Invenzioni, amplificazioni della stampa. Delle tv. Così, ieri in aula, è stato più volte ribadito. Peccato che anche l'altra notte, in via Pio La Torre, davanti alla casa dei rom, prima da un motorino, poi da un'auto in corsa, il razzismo si è fatto sentire eccome. Non di una comunità certo. Di scellerati sì. Che San Sperate, la gran parte di San Sperate vuole ora condannare. E pretende che lo faccia, ufficialmente, chi il paese lo amministra.

Commette reato
chi discrimina 
per motivi etnici


Da L'Unione Sarda del 6.7.12

L'acceso dibattito sollevato dalla - doverosa - decisione del Comune di Cagliari di sgombrare il campo Rom sequestrato dall'autorità giudiziaria e cercare una sistemazione più civile alle persone che ci vivevano ha sollevato le indignate reazioni dei benpensanti che da giorni ci affliggono con considerazioni come "ma dopotutto sono nomadi, che vadano in giro", "le case devono essere date ai sardi", "ridurranno tutto come il campo Rom, le case del paese diventeranno discariche" (ma avete mai visto il Poetto a fine giornata?), "portateli a casa vostra" e altre gemme analoghe.
Ancora più grave è il fatto che persone che ricoprono incarichi politici e istituzionali incoraggino queste pulsioni non certo nobili dell'animo umano.
Fatico ad immaginare come si possano sentire le famiglie che già si trovano a dover gestire un difficile cambiamento nelle loro abitudini relazionali e di vita, e sto male al pensiero dei bambini che fanno parte di quelle famiglie di fronte ad un'accoglienza così aperta ed entusiastica (la famosa ospitalità sarda?).
È forse opportuno, allora, ricordare che l'articolo 3 legge 654/1975 punisce con la reclusione sino a tre anni chi "incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi"; ossia - secondo la definizione data dall'articolo 1 della convenzione di New York - realizza un comportamento che direttamente o indirettamente comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l'ascendenza, l'origine nazionale o etnica, allo scopo di distruggere o compromettere il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, in condizioni di parità, dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali in campo politico economico, sociale e culturale o in ogni altro settore della vita pubblica.
La Corte di Cassazione ha già affermato, in casi analoghi, che l'affissione di manifesti con scritte come: "No ai campi nomadi. Firma anche tu per mandare via gli zingari" realizza il reato indicato. Gli amministratori pubblici, inoltre, hanno un preciso dovere, stabilito dall'articolo 43 della legge Bossi/Fini, di svolgere azioni positive per rimuovere qualsiasi discriminazione e favorire l'integrazione di tutti nella società. E per favore non si cerchino comodi alibi del tipo che sono gli stessi Rom a rifiutare "le case dei sardi"; perché, come osservava Piero Calamandrei, "quando l'articolo 3 della Costituzione dice che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, riconosce che questi ostacoli oggi vi sono di fatto e che bisogna rimuoverli".
Chiudo con una citazione, tratta da Cicerone: "Dell'ingiustizia, invece, due sono le categorie: alla prima appartengono quelli che commettono un torto; alla seconda, quelli che, pur potendolo, non lo stornano da chi lo subisce".
Giorgio Altieri
giudice del Tribunale di Cagliari

Traccia dell'intervento della consigliera Stefania Spiga al consiglio comunale del 5 luglio 2012.

Traccia dell'intervento della consigliera Stefania Spiga al consiglio comunale del 5 luglio 2012.


Dispiace l’attenzione mediatica negativa che in questi giorni è stata posta su San Sperate. Dispiace ancora di più che l’immagine data dalla nostra comunità che è sempre stata esempio di contaminazioni artistiche e culturali internazionali, sia quella di paese di fatto incapace di aprirsi alla cultura di un altro popolo.
Avrei voluto capire meglio quindi quale è il problema all’ordine del giorno di oggi. Di quale emergenza si parla nella convocazione?
L’ordinanza di sgombero è stata presa in adempimento al provvedimento del Tribunale di Cagliari, per cui, entro il 2 luglio, si doveva procedere all'abbandono dell'area nella 554 da parte dei 157 residenti (93 sono minori).
Da fonti giornalistiche, ci risulta che i Rom, circa 29 famiglie, hanno per la maggior parte già firmato i contratti di locazione in abitazioni private: qualcuno provvederà a pagare l'affitto con proprie risorse, ma ci saranno aiuti e contributi da parte della Caritas.  Quindi, quasi tutte le famiglie sono già state sistemate nei nuovi alloggi. C'è anche un fondo regionale di 579 mila euro, originariamente destinato alla riqualificazione del campo, che dovrebbe cambiare destinazione proprio per finanziare il piano-trasferimento. 

Rassegna Stampa sul "caso Rom" a San Sperate

Da L'Unione Sarda del 6.7.2012
Leggi gli articoli, cliccando sui link:





Nota di Giampaolo Mameli "Questo era ed è San Sperate.
 "


"Sono nato a San Sperate e vi ho trascorso quasi tutta la mia vita. 
Non si sceglie dove nascere, pur tuttavia non si può non essere grati al destino quando ti da queste, come altre fortune.

Sono sempre andato orgoglioso del mio paese e della sua gente; e gli “altri” parlando della nostra comunità ne hanno sempre parlato in termini lusinghieri e di benevola invidia.

San Sperate, centro in cui i valori principali sono dati dalla terra e dalla cultura, che guarda caso diventano i motori principali della sua economia.

A dirla tutta, io non ho mai pensato che con il termine cultura si intenda la capacità di organizzare eventi di spettacolo o di arte, per i quali il mio paese eccelle, ma si intenda ciò che l’accezione più nobile di questo termine sottintende.
Cultura come capacità di trovare principi e valori comuni e condivisi: 

Una concezione(Antropologia/Etica), metafisica presenta la cultura come un processo di sedimentazione dell'insieme patrimoniale delle esperienze condivise da ciascuno dei membri(Morale/Valoriale), delle relative società di appartenenza (Sociologia/Istituzioni), dei codici comportamentali condivisi(Morale/Costumi), del senso etico del fine collettivo (Escatologia/Idealismo), e di una visione identitaria storicamente determinata(Antropologia identitaria/Etnicità), come espressione ecosistemica di una tra le multiformi varietà di gruppi umani e civiltà nel mondo. Concerne sia l'individuo, che i grandi gruppi umani(Sociologia/Collettività), di cui egli è parte. In questo senso il concetto è ovviamente declinabile al singolare, riconoscendosi ciascun individuo quale membro "di diritto", del gruppo etno-culturale di appartenenza Etno-identitaria, nonché nel "patto di adesione sociale" e nelle sue regole etiche ed istituzionali volte al fine della "autoconservazione" del gruppo etnico stesso.


Già dalla fine degli anni sessanta e negli anni successivi San Sperate salì alla ribalta nazionale per l’importante fenomeno che vi ebbe luogo: Pinuccio Sciola artista di levatura internazionale guidò un nuovo movimento che traeva la sua forza, prima ancora che dalla grandezza del suo artefice, dal contesto.

Ciò che rese grande e unico questo fenomeno fu la coralità e la partecipazione solidale tra tutti i membri della comunità e la solidarietà e accettazione nella comunità, di tutti gli elementi esterni che vi si innestavano contaminandola.

Questo era ed è San Sperate.

Sembra un brutto sogno, ma due giorni fa, mi sono ritrovato in un altro paese chiamato San Sperate, proprio come il mio paese ma non può essere lo stesso.

Solo due anni fa, venne ospite a CunCambias, Moni Ovadia, a parlare tra gente amica che lo facesse sentire compreso e protetto, dei problemi di emarginazione e ghettizzazione dei Rom.

E’, appunto, di qualche giorno la notizia che due famiglie di Rom, senza un tetto, vengono alloggiate a San Sperate in due case, regolarmente affittate dalla Charitas Diocesana: un totale di poco più di venti persone, in gran parte bambini.

Tutti si aspetterebbero di sentire che questo “paese invidiabile e civile” è accorso a portare solidarietà ai bisognosi, come recita il comandamento evangelico, per chi lo pratica.

Molti componenti della nuova maggioranza che governa San Sperate, ogni domenica, vanno in chiesa a sentire cosa recita il vangelo e magari vanno anche ad insegnarlo ai bambini…ma praticarlo è meglio di no, è meglio soffiare sul fuoco e parlare alla pancia di pochi esagitati.

Poco importa se questi fanno le ronde, di padania memoria, e minacciano chiunque solidarizzi con dei poveri padri di famiglia spaventati.

Dicono che la preoccupazione nasce dal fatto che la scuola non è in grado di sostenere un “impatto” così forte.

Sono abbastanza avanti negli anni e potrei ricordare male…ma mi sembra che questa giunta si sia proposta all’insegna della continuità, e governi con molti componenti che fecero già parte di quelle amministrazioni che nel giro di dieci anni hanno portato San Sperate da cinquemila abitanti a quasi ottomila, semplicemente cementificando il centro storico e le campagne e consumando in modo irresponsabile il territorio. 
Certo si trattava di speculazioni che portavano soldi sonanti alla nostra comunità ed erano, perciò, ben accetti.

Certo era meno dannoso e più redditizio buttare giù due vecchie case del centro storico e sostituirle con venti mini-appartamenti: tutti ci guadagnavano ed erano contenti, non come integrare quindici bambini Rom…
So che la gente del mio paese non è così…spero solo che si scuotano da questo diabolico torpore e ritrovino i tratti caratteristici della nostra gente: generosa e solidale."

I Rom invadono San Sperate e la ripuliscono | Video Il Disobeddiente

Rom a San Sperate | Video CagliariPad

giovedì 5 luglio 2012

Alta tensione,
amministratori
in Prefettura


La tensione è ancora alta e gli animi non si sono placati. Ieri mattina una processione di cittadini ha affollato il Municipio per parlare con il sindaco Enrico Collu. Lamentele, preoccupazioni, paura. C'è chi dice che si chiuderà anche dentro casa perché non si sente tranquillo. San Sperate sembra essere stata travolta da un'ondata di intolleranza. «La cosa sta degenerando. È stata la mancanza di informazione e il mancato coinvolgimento delle amministrazioni dei paesi dell'hinterland cagliaritano che stanno ospitando i rom dopo lo sgombero del campo sulla 554 a far nascere questa situazione. Non siamo razzisti» ha detto preoccupato Collu. «Anche il volantino affisso nei negozi ha ingigantito il numero dei rom e questo ha arroventato ancora di più gli animi».
Sempre ieri la Asl, su richiesta del primo cittadino, ha fatto un sopralluogo nelle due abitazioni di via Pio la Torre e di Ponti Becciu. «Dalla prima stesura della relazione tecnica emerge che possono ospitare un numero inferiore di persone. Ma questo credo vada in secondo piano. Quello che a noi preme di più è trovare una soluzione per i cittadini e per i rom. Venerdì mattina siamo stati convocati, insieme agli altri sindaci dei paesi che accolgono i rom, in Prefettura per conoscere il progetto sociale di questa operazione». Martedì pomeriggio, dopo l'assemblea, una parte degli amministratori ha incontrato le famiglie roma nelle loro abitazioni. «Abbiamo spiegato che non tutti i cittadini hanno accettato di buon grado il loro arrivo e che comunque neppure noi come amministratori eravamo stati informati del fatto che San Sperate facesse parte del progetto di accoglienza». Per domani intanto è stato convocato un consiglio comunale straordinario per le 19. Reazioni anche in Provincia. Ha detto il capogruppo del Psd'az Modesto Fenu: «Bisogna discutere con le amministrazioni locali, il presidente Angela Quaquero ha già dato la disponibilità per un tavolo tecnico con i sindaci dei territori coinvolti nel piano di accoglienza».
Maura Pibiri

mercoledì 4 luglio 2012

«Qui non li vogliamo»


Da L'Unione Sarda del 4.7.12

SAN SPERATE. Contestata la Caritas, il sindaco ordina lo sgombero
Infuocata assemblea contro l'arrivo dei Rom
«Sono nomadi, che vadano in giro, qui non li vogliamo». Urla, fischi. San Sperate si scopre intollerante e fa fronte contro l'arrivo di due famiglie rom sloggiate dal campo nomadi di via Cagliari. In trecento e forse più, i cittadini hanno affollato la sala consiliare del Municipio per incontrare Amministrazione e Caritas. Un appuntamento e un invito richiamati su un volantino affisso dalla sera prima in molte strade del paese dove però il numero degli zingari è cresciuto a dismisura.
IL MANIFESTINO “Sveglia, cari cittadini, oltre 400 rom sono arrivati da noi allestendo per ora un campo visibile in via Cagliari e utilizzando inoltre case all'interno del paese che presto potrebbero diventare discariche. Per evitare l'esperienza già vissuta nel campo della 554 e per la cui bonifica occorrono 2 milioni di euro, si invita tutta la popolazione all'incontro...”.
Poco importa che le famiglie rom dislocate a San Sperate siano due per un totale di 23 persone. La prima, composta da padre, madre e 6 bambini, abita da qualche giorno in via Pio La Torre. L'altra a Ponti Becciu. Della sistemazione di queste famiglie si è occupata la Caritas in collaborazione con il Comune di Cagliari. Ma ieri il direttore don Marco Lai si è ritrovato sotto accusa. "Portateli a casa tua", ha gridato qualcuno tra la folla. "Anche noi abbiamo bisogno di aiuto ma nessuno ci dà una casa".
IL DIRETTORE Il sacerdote è stato accolto tra urla e fischi. Così tanti da impedirgli di spiegare la posizione della Caritas diocesana. Il sacerdote non si è perso d'animo. «Sono sicuro che queste persone che oggi hanno parlato non rappresentino l'intera comunità».
Dice il sindaco Enrico Collu: «Abbiamo richiesto un sopralluogo della Asl per l'abitabilità delle case. Dopo di che farò un'ordinanza di sgombero in quanto quelle abitazioni non possono ospitare un numero così elevato di persone. Bisogna rispettare le norme igienico-sanitarie. Non siamo attrezzati per fornire servizi a queste famiglie, non abbiamo posto nelle nostre scuole, i vigili urbani sono insufficienti. Cagliari non ci informato, non siamo pronti».
LE FAMIGLIE Loro, i rom, parlano per voce di Laura Ahmeyovic, 32 anni, componente della famiglia trasferita a Ponti Becciu. «Noi non vogliamo prendere le case che spettano al popolo sardo, l'abbiamo detto e ridetto. Ci hanno dato questa sistemazione perché non hanno trovato altra soluzione. Speriamo di avere presto un campo dove possiamo vivere secondo i nostri usi e costumi, rispettando la nostra identità».
Maura Pibiri

Dichiarazione del Presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Cagliari

"Solidarietà alle famiglie ROM che hanno recentemente lasciato il campo sulla SS 554.
Si ritiene, infatti, che i diritti fondamentali delle persone debbano sempre essere rispettati a prescindere da etnia, religione, stato sociale, etc., così come i doveri e le norme che regolano la vita civile”.

Di seguito la dichiarazione del Presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Cagliari, Marisa Depau:

“La Commissione Pari Opportunità del Comune di Cagliari manifesta la propria solidarietà alle famiglie ROM che hanno recentemente lasciato il campo sulla SS 554 e denuncia ogni atto discriminatorio da parte delle Amministrazioni sul cui territorio dette famiglie stanno trovando nuovo domicilio."

martedì 3 luglio 2012

Arrivano i rom, è rivolta


SAN SPERATE. Due famiglie del campo di Cagliari trasferite a Ponti Becciu
La rabbia dei residenti, la protesta del sindaco

Hanno urlato la loro rabbia ritrovandosi in tanti davanti alla stanza del sindaco. Da lì, in quaranta, non si sono mossi fino a quando non hanno avuto risposte, chiarimenti sull'arrivo di alcune famiglie rom trasferite da Cagliari a San Sperate dopo la chiusura del campo nomadi sulla 554. Volevano sapere come mai si stessero trasferendo in case, ritenute per ora, inagibili, così tante persone.
I NUOVI RESIDENTI «In via Pio La Torre e nella strada provinciale 4, a Ponti Becciu, sono arrivate più di venti nuovi abitanti, tra bambini e adulti e hanno portato anche delle roulotte» hanno spiegato alcuni residenti della zona, «le case sono inadatte a contenere un così gran numero di persone, in via Pio La Torre possono starcene quattro e ce ne sono almeno il doppio». Preoccupati per le condizioni in cui andranno a vivere queste due famiglie, anche se, pare, ne ne debba arrivare una terza. «A Ponti Becciu, sono più di quindici, non ci sono i servizi di accoglienza, inoltre la casa non ha l'agibilità, come faranno a vivere rispettando le norme igienico-sanitarie».
I NUCLEI I due nuclei familiari, composti anche da bambini, sono arrivati a San Sperate questo fine settimana. «Dalla prefettura ci hanno spiegato che in seguito allo sgombero del campo rom sulla 554, il Comune di Cagliari ha preparato un piano di accoglienza anche nei paesi della cintura cagliaritana. Gli affitti verranno pagati dal Comune del capoluogo, ma noi aspettiamo un documento ufficiale che lo confermi. Tuttavia per una questione di equità nei confronti dei miei concittadini ho chiesto di verificare se le normative soprattutto igienico-sanitarie di queste locazioni siano in regola. Se dovessero, come pare che sia, emergere incongruenze, si provvederà ad un immediato intervento. Dispiace che a pagarne le conseguenze siano dei bambini, ma oltre ad non avere i mezzi per sostenerli adeguatamente non possiamo avvallare certi metodi di politica attiva e di mancanza di rispetto per la dignità della nostra comunità. Sono furioso perché ho appreso dell'arrivo di queste nuove famiglie dai miei concittadini e non dagli amministratori di Cagliari», ha detto il sindaco Enrico Collu. I cittadini di San Sperate sono preoccupati soprattutto per la casa affittata in località Ponti Becciu. «Se dovessero bruciare qualcosa, come hanno fatto e fanno spesso nei loco campi, potrebbe accadere il peggio e divampare anche un incendio. Non ci sentiamo tranquilli», hanno denunciato gli abitanti che si sono ritrovati in Municipio.
LE SPIEGAZIONI San Sperate si ritrova dunque a confrontarsi con un problema delicatissimo ma sgombra il campo da possibili equivoci. «Nessuno si permetta di additarci come razzisti, l'intolleranza non ha casa da noi». E intanto per oggi si prepara un altro appuntamento nelle stanze del Municipio previsto per mezzogiorno. All'incontro è stata inviata anche la Caritas.
Maura Pibiri