Di Giampaolo Mameli.
"Sono nato a San Sperate e vi ho trascorso quasi tutta la mia
vita.
Non si sceglie dove nascere, pur tuttavia non si può non essere grati al
destino quando ti da queste, come altre fortune.
Sono sempre andato orgoglioso
del mio paese e della sua gente; e gli “altri” parlando della nostra comunità
ne hanno sempre parlato in termini lusinghieri e di benevola invidia.
San
Sperate, centro in cui i valori principali sono dati dalla terra e dalla
cultura, che guarda caso diventano i motori principali della sua economia.
A
dirla tutta, io non ho mai pensato che con il termine cultura si intenda la
capacità di organizzare eventi di spettacolo o di arte, per i quali il mio
paese eccelle, ma si intenda ciò che l’accezione più nobile di questo termine
sottintende.
Cultura come capacità di trovare principi e valori comuni e
condivisi:
Una concezione(Antropologia/Etica), metafisica presenta la cultura
come un processo di sedimentazione dell'insieme patrimoniale delle esperienze
condivise da ciascuno dei membri(Morale/Valoriale), delle relative società di
appartenenza (Sociologia/Istituzioni), dei codici comportamentali
condivisi(Morale/Costumi), del senso etico del fine collettivo
(Escatologia/Idealismo), e di una visione identitaria storicamente
determinata(Antropologia identitaria/Etnicità), come espressione ecosistemica
di una tra le multiformi varietà di gruppi umani e civiltà nel mondo. Concerne
sia l'individuo, che i grandi gruppi umani(Sociologia/Collettività), di cui
egli è parte. In questo senso il concetto è ovviamente declinabile al
singolare, riconoscendosi ciascun individuo quale membro "di
diritto", del gruppo etno-culturale di appartenenza Etno-identitaria,
nonché nel "patto di adesione sociale" e nelle sue regole etiche ed
istituzionali volte al fine della "autoconservazione" del gruppo
etnico stesso.
Già dalla fine degli anni sessanta e negli anni successivi San
Sperate salì alla ribalta nazionale per l’importante fenomeno che vi ebbe
luogo: Pinuccio Sciola artista di levatura internazionale guidò un nuovo
movimento che traeva la sua forza, prima ancora che dalla grandezza del suo
artefice, dal contesto.
Ciò che rese grande e unico questo fenomeno fu la
coralità e la partecipazione solidale tra tutti i membri della comunità e la
solidarietà e accettazione nella comunità, di tutti gli elementi esterni che vi
si innestavano contaminandola.
Questo era ed è San Sperate.
Sembra un brutto
sogno, ma due giorni fa, mi sono ritrovato in un altro paese chiamato San
Sperate, proprio come il mio paese ma non può essere lo stesso.
Solo due anni
fa, venne ospite a CunCambias, Moni Ovadia, a parlare tra gente amica che lo
facesse sentire compreso e protetto, dei problemi di emarginazione e
ghettizzazione dei Rom.
E’, appunto, di qualche giorno la notizia che due
famiglie di Rom, senza un tetto, vengono alloggiate a San Sperate in due case,
regolarmente affittate dalla Charitas Diocesana: un totale di poco più di venti
persone, in gran parte bambini.
Tutti si aspetterebbero di sentire che questo
“paese invidiabile e civile” è accorso a portare solidarietà ai bisognosi, come
recita il comandamento evangelico, per chi lo pratica.
Molti componenti della
nuova maggioranza che governa San Sperate, ogni domenica, vanno in chiesa a
sentire cosa recita il vangelo e magari vanno anche ad insegnarlo ai bambini…ma
praticarlo è meglio di no, è meglio soffiare sul fuoco e parlare alla pancia di
pochi esagitati.
Poco importa se questi fanno le ronde, di padania memoria, e
minacciano chiunque solidarizzi con dei poveri padri di famiglia spaventati.
Dicono
che la preoccupazione nasce dal fatto che la scuola non è in grado di sostenere
un “impatto” così forte.
Sono abbastanza avanti negli anni e potrei ricordare
male…ma mi sembra che questa giunta si sia proposta all’insegna della
continuità, e governi con molti componenti che fecero già parte di quelle
amministrazioni che nel giro di dieci anni hanno portato San Sperate da
cinquemila abitanti a quasi ottomila, semplicemente cementificando il centro
storico e le campagne e consumando in modo irresponsabile il territorio.
Certo
si trattava di speculazioni che portavano soldi sonanti alla nostra comunità ed
erano, perciò, ben accetti.
Certo era meno dannoso e più redditizio buttare giù
due vecchie case del centro storico e sostituirle con venti mini-appartamenti:
tutti ci guadagnavano ed erano contenti, non come integrare quindici bambini
Rom…
So che la gente del mio paese non è così…spero solo che si scuotano da
questo diabolico torpore e ritrovino i tratti caratteristici della nostra
gente: generosa e solidale."
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