Da L'Unione Sarda del 6.7.12
SAN SPERATE. Contestato il silenzio del Comune di Cagliari
sul trasferimento dei nomadi
Spalti affollati al Consiglio comunale straordinario sui rom
dal nostro inviato
Andrea Piras
SAN SPERATE «Razzisti? Non scherziamo». È la sintesi,
categorica, del sindaco Enrico Collu e della maggioranza. È l'imperativo di un
Consiglio comunale che vuole riabilitare San Sperate dopo i giorni oscuri
dell'intolleranza, quando proprio in quell'aula invasa spontaneamente da
trecento cittadini furibondi per l'arrivo di un numero imprecisato di rom,
parole razzistiche contro i nomadi sono state pronunciate eccome. Ingiurie,
minacce scivolate via senza essere interrotte. Parole mai zittite.
IN AULA Ieri è stato proprio il sindaco a tornare
sull'assemblea dell'altra mattina. Sul volantino maldestro e bugiardo,
(«Razzista senza se e senza ma», l'ha etichettato il responsabile
dell'Associazione sarda contro l'emarginazione, Antonello Pabis) che qualcuno
ha scritto incitando alla rivolta al grido di “Sveglia!!!” i sansperatini poco
accorti di fronte all'invasione «di oltre 400 rom». Peccato che quella folla
era fatta di venticinque, ventisette persone. Due famiglie. Molti minorenni, la
maggior parte bambini. «La responsabilità di quanto avvenuto, delle tensioni di
questi giorni è di quel volantino millantatore e stiamo valutando, anche come
amministrazione, i passi da fare», ha assicurato il sindaco all'Assemblea,
ribadendo che la vicenda rom è nata male «per via della mancata informazione da
parte del Comune di Cagliari, per la mancata comunicazione del progetto di
trasferimento dei rom dal campo sulla 554».
LA MINORANZA È stato il consigliere di minoranza Tomaso
Sciola a rimarcare «la spropositata reazione dei cittadini». Ha poi aggiunto:
«Sono preoccupato per l'immagine del nostro paese che per quarant'anni ha
dimostrato l'esatto contrario di quanto avvenuto in questi giorni, la sua
vocazione all'ospitabilità e all'integrazione. È ora è uscita fuori la parte
peggiore». Esplicita condanna sulla gestione di questa vicenda da parte
dell'Amministrazione comunale è stata espressa da Stefania Spiga, consigliere
Pd. «Si parla di un problema e non ci date ancora adesso i dati reali. Ma sono
poi davvero un problema due famiglie e i loro bambini? Quel volantino era
razzista, quell'informazione doveva essere immediatamente smentita e
condannata».
L'ex sindaco Tonio Paulis ha condannato gli eccessi della
protesta, detto no all'intolleranza ma ha anche preso le difese dei cittadini,
anche di chi ha protestato duramente per l'arrivo dei rom. «Se non ci sono le
condizioni diventa difficile ospitare adeguatamente chiunque. E poco importa se
siano nomadi, nordafricani o tedeschi. È difficile spiegare a chi ti chiede di
poter abitare in campagna, nel suo terreno agricolo, e gli dici di no, che per
i rom è diverso. Oppure convincere qualcuno dei tuoi concittadini che ti chiede
una casa popolare e gli dici che deve entrare in una graduatoria».
LA PROTESTA Duro, tenace l'intervento di Katia Pilloni
(consigliere di maggioranza). «Non userò eufemismi, noi abbiamo un problema.
Non sono un problema i rom, lo è, lo è stato il modus operandi del Comune di
Cagliari, della prefettura, in parte della Caritas. Nei confronti dei nomadi,
profondissimo rispetto».
Intanto oggi, a mezzogiorno in prefettura, si sarà
l'incontro tra i sindaci dei paesi dell'hinterland coinvolti nel progetto di
ospitalità. San Sperate e Monastir in testa, ma anche Cagliari.
LE INGIURIE Intanto San Sperate, ancora ieri, ha tentato di
riconquistare «l'immagine perduta» urlando, seppur a bassa voce, contro le voci
della xenofobia che troppi hanno ascoltato. Invenzioni, amplificazioni della
stampa. Delle tv. Così, ieri in aula, è stato più volte ribadito. Peccato che
anche l'altra notte, in via Pio La Torre, davanti alla casa dei rom, prima da
un motorino, poi da un'auto in corsa, il razzismo si è fatto sentire eccome.
Non di una comunità certo. Di scellerati sì. Che San Sperate, la gran parte di
San Sperate vuole ora condannare. E pretende che lo faccia, ufficialmente, chi
il paese lo amministra.
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